Può sembrare strano, ma rispetto a molti altri paesi europei, l’Italia è all’avanguardia per numero di leggi, ordinanze, sentenze e regolamenti che si occupano di animali. Non a caso, il nostro paese è considerata la culla del diritto ed è per questo motivo che nel lontano 1991 ha visto la luce una delle più importanti leggi del settore, la legge quadro n. 281 del 1991 che ha delegato alle regioni italiane la funzione legislativa in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo. Ma questa legge segna un’altra svolta fondamentale per l’Italia, infatti abolisce l’eutanasia di cani e gatti senza padrone e ricoverati nei canili. Da allora, come prescrive la stessa legge, solo in caso di malattie gravi non curabili e di cani estremamente mordaci ed in presenza di una certificazione del dipartimento veterinario dell’Azienda Sanitaria Locale, si possono sottoporre i randagi a trattamento eutanasico.
Se si pensa che, ancora oggi, in alcuni paesi dell’UE, come la Spagna e la Francia, nei canili municipali ( p.e. le famigerate perreras spagnole) esiste la soppressione legalizzata, anche, a volte molto violenta, dei randagi recuperati per strada o rinuncia di proprietà, si comprende facilmente come l’Italia sia avanti, sia come leggi che come cultura del rispetto degli animali.
Eppure, il trattato istitutivo dell’Unione Europea ha previsto chiaramente all’art. 13 il principio che gli animali sono esseri senzienti, ma ciononostante, in molti paesi Europei, quale l’Italia, ancora questo principio non è stato recepito a livello legislativo e, pertanto, nei nostri codici civile e penale, l’animale è equiparato alla “res”, cioè è considerato una cosa, con tutte le conseguenze che ne derivano e che, quindi si riflettono anche nella loro tutela, attualmente prevista.
C’è, però, da dire che l’08 febbraio scorso è stata approvata definitivamente la riforma costituzionale relativa agli articoli 9 e 41 della Costituzione. Nel suo nuovo testo, l’art 9 prevede che la Repubblica tutela l’ambiente e gli ecosistemi anche nell’interesse delle nuove generazioni. La legge dello Stato, inoltre disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Cosa significa tutto ciò’? Significa che ora gli animali godono di riconoscimento a livello costituzionale , nel senso che la loro tutela, come quella dell’ambiente, è assegnata alla competenza esclusiva dello Stato.
Una riforma costituzionale attesa da moltissimo tempo e che segna un primo passo nella tappa fondamentale di evoluzione del processo culturale di rispetto . Ma cosa significa tutto ciò? Significa che inserendo nella Costituzione Italiana, che è la madre di tutte le leggi e gerarchicamente è la fonte primaria delle leggi italiane, il principio che l’animale è un essere senziente, si può procedere a modificare le attuali norme del codice civile e penale che ancora equiparano l’animale alla “res”. Quindi, lo scenario cambia completamente e sarà compatibile con una effettiva ed efficace tutela degli animali. Considerarli esseri senzienti significa che essi sono portatori di una serie di diritti (che attualmente sono loro negati), comportando, innanzitutto, la modifica del Titolo IX bis del codice penale, intitolato “dei delitti contro il sentimento per gli animali”(inserito con la L. 189/2004) che ricomprende le norme che prevedono come reati l’uccisione di animali, il maltrattamento, il divieto di alcuni spettacoli con il loro impiego, il divieto di combattimenti tra animali etc.
Secondo questa sezione del codice penale non si tutelano in se e per se gli animali in quanto tali ma il sentimento che si nutre per loro. C’è da dire che all’epoca della sua approvazione, la L.189/2004 fu una grande vittoria, perché prima i reati contro gli animali erano considerati come delitti contro il patrimonio.. cioè si tutelava la perdita economica che ne sarebbe derivata e non la perdita dell’animale.. un ulteriore avanzamento per come spiegato (animali=esseri senzienti) porterà in automatico ad un inasprimento delle attuali pene.
Il fatto che ancora gli animali non siano considerati esseri senzienti comporta che, sempre secondo la legge 189/2004 che ha inserito gli articoli del codice penale (artt 544 bis e ss) che prevedono i reati sopra menzionati (uccisione, maltrattamento etc), per presunzione, esista, per esempio, una necessità sociale di utilizzazione degli stessi da parte degli umani, tipo la caccia che è considerato tutt’ora uno sport, quindi un divertimento ed una necessità per chi lo pratica, tipo gli allevamenti ai fini della macellazione e quindi del nutrimento, tipo la sperimentazione scientifica, gli zoo.. tutte pratiche che giustificano il loro utilizzo e quindi una visione antropocentrica e una presunta superiorità da parte degli esseri umani verso di loro. Se, invece, si cambia prospettiva e vengono considerati senzienti, vuol dire che si riconosce agli stessi la possibilità di provare sentimenti, gioia, dolore, sofferenza, paura etc.. a quel punto non è più possibile utilizzarli ad uso e consumo degli umani, per qualsiasi scopo e soprattutto per sfruttarli economicamente..
Insomma, tale riforma relativa alla protezione della biodiversità e degli animali costituisce l’inizio di una rivoluzione culturale che porterà ad una modifica dello status degli animali, considerati direttamente soggetti di diritto.
C’è, infine da evidenziare che i reati previsti e perseguiti dal codice penale, compiuti a danno degli animali, se confermati in un processo in capo ad alcuni soggetti, attualmente non garantiscono un’effettiva tutela.. Un primo motivo è che ancora le denunce che vengono fatte sono troppo poche, anche se, a dare, comunque, un forte impulso in tal senso è stato nel 2017 il processo per il cane Angelo, barbaramente ucciso da quattro giovani balordi della provincia di Cosenza, condannati con sentenza definitiva. L’episodio fece molto scalpore e fu seguito dalla stampa sia a livello nazionale che internazionale. Personalmente difesi alcune associazioni animaliste, parti civili nel processo de quo.
Un secondo motivo è dato dalle attuali norme. Alcuni degli articoli sopra indicati, a seconda del tipo di reati, come pena detentiva, partono da un minimo di 3 mesi ad un massimo di 18 (per il maltrattamento) e da 4 mesi a 2 anni (per l’uccisione e per il reato previsto dal 1° comma dell’art. 544 quater, cioè spettacoli e manifestazioni vietati).
Cosa significa questo in termini pratici? Significa che sulle pene previste dagli articoli appena citati, si inserisce l’istituto della sospensione condizionale della pena, ex art. 163 cp. Infatti, nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all’arresto per un tempo non superiore a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione. Questa può poi risolversi o nell’estinzione del reato e della pena oppure nella revoca del beneficio concesso, nei casi in cui non vi è stato adempimento degli obblighi imposti o nelle ipotesi di reiterazione dell’attività criminale. Ciò comporta, che, intervenendo tale istituto (anche se a discrezione del giudice, ma in automatico in caso di imputati incensurati), è veramente improbabile che gli eventuali imputati vadano in carcere. Se poi, gli imputati hanno un’età compresa tra i 18 e i 21 anni all’epoca del fatto, la sospensione condizionale della pena si applica anche se la pena detentiva inflitta è di 2 anni e mezzo. Ergo, a meno che, le pene previste non si sommino ad altre pene per altri reati o in caso di precedenti penali specifici ( cioè condanne per gli stessi reati) il fatto di scontare la condanna rimane pura teoria.
E’ chiara, dunque, la necessità di un inasprimento delle attuali pene per assicurare i responsabili alla giustizia e l’inserimento all’interno della Costituzione della loro protezione spiana la strada per raggiungere questo importante obiettivo.